La sindrome di Gilbert, da lui stesso descritta per le prima volta nel 1907, è un'alterazione cronica del metabolismo della bilirubina. Si manifesta, di solito, a partire dal secondo decennio di vita e spesso è del tutto asintomatica. E' piuttosto frequente, infatti, che siano delle analisi ematologiche effettuate per altri motivi a rivelarne la presenza. Il dato saliente è un'iperbilirubinemia, di solito di grado moderato, che in massima parte è costituita da bilirubina non coniugata (la componente coniugata di solito non supera il 20 %) senza che vi siano necessariamente alterazioni a carico degli enzimi epatici. L'iperbilirubinemia, che in questi pazienti non è costante, può aumentare in particolari condizioni come il digiuno prolungato (che talvolta viene usato a scopo diagnostico), interventi chirurgici,uso di alcool, febbre, etc.. Se si escludono le anemia emolitiche, la sindrome di Gilbert è forse la causa principale di aumento della bilirubina indiretta, dovuta al deficit relativo di bilirubina glicuronil-transferasi, enzima epatico coinvolto nel processo di coniugazione della bilirubina, associata ad una ridotta captazione epatica della bilirubina. In questa sede viene presentato, a titolo esemplificativo, il caso di un paziente (portatore di M. di Gilbert, dell'età di 70 anni e di sesso maschile) con iperbilirubinemia abbastanza elevata che è stato trattato, per questo problema, esclusivamente sul piano nutrizionale.
Il soggetto è giunto alla nostra osservazione con ittero diffuso, pruriti insistenti, astenia ed un certo senso di ottundimento. Il paziente era in terapia per un adenocarcinoma polmonare con due ripetizioni, di modeste dimensioni, a livello epatico. Dall'anamnesi, qui riportata in modo estremamente sintetico, è emersa la presenza di una cisti renale sinistra ed emorroidi ricorrenti.
Materiali e metodi
Il caso è stato trattato partendo dal presupposto di dover "stimolare" la funzionalità epatica per aumentare la capacità del fegato di coniugare la bilirubina. Ciò è stato fatto tenendo ovviamente conto delle condizioni generali del paziente e dei valori ematochimici. Le transaminasi, all'inizio della terapia, non erano nella norma e la funzionalità d'organo era ridotta a causa della terapia farmacologia (necessaria a causa della patologia principale) e, con tutta probabilità, a causa di un'alimentazione esclusivamente "conservativa" ed eccessivamente selettiva seguita dal paziente allo scopo di ridurre il suo malessere. Nei primi giorni di trattamento si è provveduto al sostegno dell'attività di drenaggio del fegato attraverso la prescrizione di adeguate quantità di carboidrati, necessari all'epatocita per produrre l'energia chimica indispensabile alle sue molteplici operazioni e sono state evitate, solo per alcuni giorni, le proteine animali. Si sono evitati, inoltre, gli alimenti molto ricchi di ferro sia per l'elevata ferritinemia, sia perché gli eccessi di ferro non sono mai ben sopportati da un fegato in difficoltà. Parallelamente si è tenuta in conto la necessità di usare un'alimentazione che non fosse di ostacolo all'eliminazione renale perché l'organismo doveva disfarsi della bilirubina in eccesso che veniva via via coniugata e dei farmaci chemioterapici che il paziente assumeva. I controlli sono stati effettuati sia sul piano clinico che strumentale. Quotidianamente sono stati effettuati controlli delle urine utilizzando gli appositi reattivi e mensilmente sono stati eseguiti esami ematochimici. Dopo la prima settimana circa si è iniziato ad introdurre, progressivamente e sotto costante controllo delle urine, alimenti soffritti e poi alimenti fritti. Tali preparazioni hanno la capacità di "accelerare" la velocità di funzionamento della cellula epatica consentendole un più rapido smaltimento dei cataboliti ma devono essere correttamente associate. Quando si prepara una frittura è necessario utilizzare l'olio extravergine di oliva, deve essere associata un'adeguata quantità verdura cruda per fornire la cosiddetta acqua di vegetazione, utile al fegato e ai reni per un migliore smaltimento delle molecole da eliminare e frutta zuccherina perché un maggior lavoro, dell'epatocita in questo caso, richiede una maggior quantità di energia e quindi di carburante: gli zuccheri, appunto.
Risultati
Dopo una settimana di trattamento l'ittero si era ridotto e il paziente lamentava meno prurito cutaneo. Dopo un mese i livelli ematici della bilirubina si erano più che dimezzati e le transaminasi erano vicine ai valori normali, insieme ad un sensibile miglioramento dei sintomi e dei segni. Dopo poco più di due mesi la bilirubina era rientrata nelle norma ed il paziente non avvertiva più i disturbi lamentati all'inizio.
Conclusioni
Poiché la s. di Gilbert prende le mosse da un deficit enzimatico congenito è necessario che il fegato sia indotto ad aumentare la sua capacità di coniugazione ed eliminazione della bilirubina. In altre parole è necessario da un lato stimolare per ridurre l'eccesso di bilirubina non coniugata e dall'altro drenare l'organo per consentirgli di eliminarla con maggiore facilità. E' ovvio, ma giova ripeterlo, che quanto detto va attuato quando un'attenta valutazione clinica del paziente ci rassicura sulle capacità di quell'organismo di eseguire ciò che gli viene chiesto di fare. E' opportuno, in conclusione, sottolineare che molto spesso, in presenza di patologie, si tende a usare un'alimentazione ritenuta non nociva per l'organismo e che soprattutto non provochi sollecitazioni di alcun tipo. Il più delle volte non è una scelta appropriata perché se è vero che la funzione "crea" l'organo e non il contrario, dobbiamo riuscire a stabilire, nel nostro caso con gli alimenti, le condizioni affinchè l'organismo recuperi un determinato livello di funzionalità, in alcuni casi "obbligandolo" a svolgere le sue funzioni vitali al meglio.