Tutti sappiamo che gli errori nutrizionali, soprattutto quando durano a lungo, possono essere causa di patologia. Se questo è vero non può non essere vero anche il contrario: che l'alimento può aiutare a risolvere o quantomeno migliorare una patologia. Scegliere bene gli alimenti e soprattutto associarli opportunamente fra loro può influenzare sensibilmente l'esito di una terapia o essere direttamente terapia, anche in casi non strettamente inerenti l'apparato digerente. L'alimento è in grado di andare oltre il nutrire e su questo postulato si basa la Bioterapia Nutrizionale. Con questa esperienza in nutrizione clinica è stato relativamente naturale trasferire conoscenze e metodiche dal paziente malato al soggetto sano che fa sport, nel quale la fisiologia umana si esprime con reazioni di una rapidità e intensità spesso sorprendenti, per cercare di influenzare il funzionamento di organi e sistemi tenendo sempre presenti due obiettivi: contribuire a migliorare la performance e proteggere la salute dell'atleta.
Molto di quello che possiamo dire sull'alimentazione nello sport dipende dal peso che le attribuiamo nel conseguimento del risultato sportivo. La prestazione infatti è un evento multi-fattoriale, il risultato di sinergie applicate all'atleta il quale rappresenta il terminale che finalizza quanto su di lui, e per lui, si è fatto e si fa.
Molto di quello che possiamo dire sull'alimentazione nello sport dipende dal peso che le attribuiamo nel conseguimento del risultato sportivo. La prestazione infatti è un evento multi-fattoriale, il risultato di sinergie applicate all'atleta il quale rappresenta il terminale che finalizza quanto su di lui, e per lui, si è fatto e si fa.
Il risultato sportivo ha alla base una triade composta di fattori che hanno pari importanza nella formazione come nella gestione di un atleta, a qualsiasi età:
Se si assume questa impostazione come vera, la considerazione successiva ne è una conseguenza diretta. La qualità del "carburante" usato è un aspetto di sicura rilevanza.
Con la differenza che un normale carburante è solo energia, l'alimento è per noi, energia, struttura, difese immunitarie. Se gli errori nutrizionali possono alla lunga provocare, o contribuire a provocare, una patologia significa che al cibo viene riconosciuta la potenziale capacità di far ammalare, tanto è vero che in tutte le patologie in cui si riconosca la necessità di correggere la dieta si interviene facendo modifiche al regime alimentare del paziente. Per la verità queste modifiche sono pressoché esclusivamente privative e la cosa rappresenta un importante aspetto del complesso, e sovente farraginoso, capitolo "alimentazione e medicina" che vede interventi sulle diete a scopo terapeutico che sono concepiti per evitare che l'alimento danneggi, non per far sì che curi o aiuti a farlo. Il tema merita di sicuro una trattazione ampia ma non farebbe parte dell'argomento di cui ci stiamo occupando in questo momento. In ogni caso, se si afferma la capacità dell'alimento di creare problemi di salute se mal gestito, non si vede alcuna motivazione scientifica seria per la quale si possa affermare che non è vero il contrario, cioè che il cibo possa curare o contribuire a farlo. Opportunamente utilizzato, infatti, l'alimento possiede questa valenza terapeutica e funzionale utilissima, oltre quella di nutrire.
Su questo postulato si basa la Bioterapia Nutrizionale attraverso la quale si possono trattare patologie anche non afferenti direttamente al sistema digerente e alla funzione nutritiva. E' un contributo che si affianca efficacemente alle terapie convenzionali i cui effetti possono essere potenziati o de-potenziati secondo lo stile alimentare del paziente e le scelte verso cui viene indirizzato. Da questa esperienza di nutrizione clinica, che ormai prosegue da decenni, è venuto logico pensare che simili conoscenze potessero essere utili anche nella nutrizione sportiva. Trasferire la metodica, pur con le dovute e prevedibili differenze, dai pazienti malati agli sportivi, soggetti sani che hanno l'intento di migliorare la propria capacità fisica, ha dato subito risultati incoraggianti.
Nello sport, in particolare in quello agonistico, le reazioni del corpo umano a una data sollecitazione alimentare sono più rapide del normale e spesso più evidenti. Siamo di fronte alla fisiologia al suo meglio con reazioni a volte sorprendenti per rapidità ed entità.
Esploriamo brevemente cosa s'intende per capacità funzionale degli alimenti.
In Bioterapia Nutrizionale regna sovrana la regola di de Lamarck che "la funzione che crea l'organo"1: l'apparato cuore-polmone aumenta le proprie capacità grazie allo stimolo dell'allenamento così come il distretto neuro-muscolare. Ma questo vale anche per gli altri organi: fegato, tiroide, eccetera
E' bene quindi che il medico tenga sempre presente che affinché un organo, uno qualsiasi, migliori il suo livello di efficienza, nella fisiologia come nella patologia, bisogna che sia sollecitato in modo adeguato alle sue capacità di quel momento. Non funziona solo perché c'è e se già funziona bene, forse può farlo meglio.
In Bioterapia Nutrizionale si parte, naturalmente, dalle conoscenze di fisiologia e di clinica medica per gestire la nutrizione nella patologia come nello sport mantenendo un approccio anche di tipo funzionale. Una volta infatti che abbiamo stabilito il quantitativo di calorie che un atleta deve assumere e come queste vanno suddivise le varie categorie di macro e micronutrienti e nei pasti quotidiani abbiamo portato a termine correttamente il lavoro di supporto nutrizionale all'attività dell'atleta stesso.
Si può fare però un passo ulteriore.
Vale a dire che possiamo scegliere quale aspetto dell'attività metabolica del soggetto privilegiare pur rimanendo nei limiti quantitativi e qualitativi stabiliti.
Usiamo il valore aggiunto degli alimenti. Sarà bene fare degli esempi per meglio capire il discorso.
Facciamo un esempio apparentemente fuori tema, quello di un paziente iperteso nel quale, salvando le caratteristiche individuali del singolo che sempre influenzano la dieta in modo significativo, ci preoccupiamo non solo di non sovraccaricare la funzione renale ma di agevolarla. Questo è possibile con varie strategie. Le citeremo solo sommariamente perché non è possibile scendere più accuratamente nel dettaglio essendo l'approccio terapeutico più complesso di quanto sia possibile esporre qui. Sicuramente ridurremo le carni rosse (troppo ricche di basi azotate) e i cocktails di sali minerali, tanto per citare solo due degli aspetti principali già peraltro largamente noti. La limitazione del sale da cucina, dal canto suo, è di marginale importanza per i reni rispetto al sovraccarico che può creare il mix di sali presenti in alcune verdure, specialmente se si utilizzano contemporanemente (come in un minestrone per esempio) o se si scelgono quelle sbagliate. Spendiamo qualche parola ancora su questo punto che non di rado suscita pareri contrastanti. Se noi ci curiamo di ridurre il sale da cucina ai fini pressori, lavoriamo di fatto sulla regolazione dell'assunzione di due sali: sodio e cloro (il sale da cucina è infatti un cloruro di sodio - NaCl). Ora, una verdura ha più di due sali e se la uniamo ad altre per fare un minestrone avremo creato un mix di più di una decina di sali, a dir poco. Naturalmente la bollitura in acqua ne elimina una parte ma il residuo a 100° centigradi cristallizza e diventa un problema per il rene disfarsene. Del resto questo come altri sono piatti della tradizione contadina sono stati concepiti e messi a punto nel tempo da popolazioni che lavoravano dieci-dodici ore sotto il sole e che quindi si disidratavano continuamente. E' logico e giusto che usassero spesso mangiare alimenti ricchi di minerali ma oggi, con la vita sedentaria che gran parte della popolazione conduce, con il lavoro spesso fisicamente statico svolto in ambienti a temperatura controllata, viene francamente difficile pensare che ci sia bisogno di reintegrare qualcosa che non c'è proprio modo di perdere.
Il primo livello di gestione riguarda quindi la scelta degli alimenti più adatti e l'eliminazione di quelli controindicati, il secondo livello d'intervento riguarda la loro associazione nel pasto.
E' il pasto, alla fine infatti, la vera unità funzionale in Bioterapia Nutrizionale, non il singolo alimento.
Solo l'associazione di diversi alimenti nella composizione di un pasto, ove siano stati scelti e abbinati razionalmente, potrà realizzare un effetto sinergico curativo. A rigor di termini, la metodica bionutrizionale prevede una sequenza di pasti per un tempo più o meno lungo, modificando le associazioni alimentari in base alla risposta soggettiva ed oggettiva del malato. Quindi il "progetto terapeutico" non può essere contenuto in un solo pasto ma in una sequenza più lunga articolata in vari giorni o settimane.
Noi possiamo "travasare" questa esperienza negli atleti perché se, per continuare con lo stesso esempio, abbiamo bisogno di regolare l'idratazione di un atleta ci avvaliamo delle associazioni corrette. Vedremo come nell'esempio dell'atleta di endurance, le associazioni "rimineralizzanti" saranno utili e benvenute.
Quindi, la seconda regola base in Bioterapia Nutrizionale è che, poiché quasi non esiste un alimento che in assoluto faccia bene o male, la scelta dipende dal paziente che si ha di fronte e dall'obiettivo che si vuol raggiungere. Ad esempio se ci occupiamo di un atleta in cui l'imbibizione tissutale è un aggravio, come in molte branche dell'atletica leggera, nella velocità o negli sport con categorie di peso per citare degli esempi, comporremo i pasti badando ad agevolare la funzione renale fino a utilizzare le proprietà diuretiche degli alimenti. Nel caso invece si tratti di un atleta la cui attività è causa di notevole disidratazione, come praticamente in tutti gli sport di endurance, la sua dieta sarà composta da alimenti che non facilitino l'eliminazione dei liquidi ma che, anzi, abbiano proprietà addirittura antidiuretiche.
Esempio di associazioni che facilitano la diuresi
Prima colazione:
Nella prima colazione usiamo il latte che è un alimento perfettamente tollerato dai reni a qualunque età (fatte salve eventuali intolleranze) con un buon balance fra zuccheri, proteine e grassi. Il pane tostato (o le fette) assicurano un'ulteriore quota di carboidrati utilissimi a riattivare il funzionamento diurno del fegato dopo il digiuno notturno. Questa quota zuccherina è rinforzata dalla marmellata ma il picco glicemico viene modulato dalla presenza del burro che con i suoi grassi rallenta l'assorbimento degli zuccheri permettendo una migliore distribuzione della curva glicemica post-prandiale. In pratica regoliamo l'indice glicemico. I mandarini sono anch'essi diuretici a differenza, per esempio, dell'arancia. Gli olii essenziali della noce forniscono un'ulteriore fonte energetica a lunga durata, e omega 3.
Pranzo:
Questo pranzo ha delle spiccate caratteristiche "renali". La quota di carboidrati è rappresentata dal riso che essendo sostanzialmente privo di glutine non è di alcun ostacolo alla funzione renale. Il pomodoro, potente integratore salino naturale, è bilanciato dalla cipolla che è particolarmente diuretica. Quindi il pomodoro è un alimento che si può usare in due modi: da solo per aiutare a trattenere liquidi e sali, associato a qualcosa di diuretico, come qui la cipolla, per aiutare a eliminare liquidi. Il pesce fresco non sovraccarica i reni e con la sua quota di iodio è di aiuto alla diuresi contribuendo all'attivazione metabolica per stimolazione tiroidea. Infine finocchio e melone sono entrambi alimenti con spiccate proprietà diuretiche.
Cena:
Di solito la maggior quota di carboidrati, in Bioterapia Nutrizionale, è riservata alla cena, sempre che non intervengano indicazioni o necessità che consiglino una prescrizione di tipo diverso. La diffusa convinzione che i carboidrati sia meglio assumerli nel pasto diurno e non la sera non trova riscontro oggettivo in B.N.. La pasta all'uovo o quella di grano saraceno sono presenti in questo esempio per indicare altre due utili soluzioni di carboidrati che rispettino i reni. Il condimento con aglio, olio e peperoncino ci viene utile per dare un minimo stimolo epatico adatto a facilitare i drenaggi notturni. La ricotta è un derivato del latte per cui non provoca ritenzione idrica. La cicoria è da sempre nella tradizione mediterranea una verdura diuretica e altrettanto si può dire dell'ananas che per il suo contenuto in bromelina tende a favorire lo svuotamento gastrico. Un'ultima notazione sulle mandorle: in particolare quelle che conservano la loro pellicina marrone: sono ricche di litio che con il suo effetto ansiolitico aiuta il riposo notturno dell'atleta nel recupero la notte prima di una competizione.
Esempio di associazioni per il risparmio idro-salino e il reintegro.
Prima colazione:
La variante del the nero con l'arancia è per usare le proprietà di integratore salino proprie dell'arancia. La bresaola è una carne rossa per giunta concentrata dall'essiccazione quindi uno degli alimenti proteici più anti-diuretici a disposizione così come l'uovo sodo che qui è nella sua preparazione più edemigena. La macedonia di frutta è un mix di sali minerali ricchissimo e perciò un potente antidiuretico.
Pranzo:
Nel pranzo l'associazione della pasta con i piselli o con il cacio e pepe ha notevoli effetti anti-diuretici che nel pasto vengono potenziati dal manzo e dall'uso del pomodoro o della bieta o degli spinaci. Arancia e pera hanno anch'esse le stesse caratteristiche.
Bisogna dire che questi esempi sono volutamente esasperati proprio per il loro carattere illustrativo. Contengono un'associazione di alimenti dalle proprietà spiccatamente "anti-renali". Se nella realtà dovessimo reintegrare un atleta disidratato da una maratona non gli proporremmo mai una serie di alimenti così univocamente antidiuretici perché impediremmo al suo organismo di liberarsi correttamente delle tossine prodotte dallo sforzo fisico. L'impostazione sarebbe più articolata e non così unilateralmente volta ad un unico effetto, anche perché l'intervento nutrizionale non si ridurrebbe ad un solo pasto in cui bisogna far tutto ma si articolerebbe nei pasti di alcuni giorni almeno, per reintegrare correttamente l'organismo.
Cena:
La cena ha le stesse caratteristiche dei pasti precedenti.
Il minestrone si comporta come la macedonia di frutta per il suo elevato contenuto di sali minerali che sono arricchiti dal parmigiano reggiano, uno degli integratori salini più completi di cui disponiamo. L'insalata caprese oltre le sue molteplici proprietà su cui sorvoliamo per brevità, è anch'essa un'associazione molto ricca di sali minerali.
La gestione dell'idratazione non è, naturalmente, l'unico aspetto di un atleta che possiamo controllare. Analogamente a questa si può lavorare sul guadagno di massa muscolare; sugli infortuni muscolari, articolari o ossei; sulla gestione dei livelli glicemici a riposo, in allenamento e in gara; sul controllo del peso naturalmente, in entrambi i sensi; sulla qualità del riposo e altro.
Se ad esempio ci occupiamo del guadagno di massa muscolare dobbiamo tener conto di alcuni aspetti oltre il necessario aumento dell'introito proteico:
La frittura trova indicazione in molte situazioni cliniche ma dev'essere preparata con olio extravergine d'oliva, dev'essere associata a un contorno crudo per utilizzare la sua preziosa acqua di vegetazione e richiede frutta zuccherina perché se chiediamo al fegato di aumentare la sua attività dovremo anche fornirgli il "carburante" per farlo. Naturalmente va prescritta nelle condizioni in cui il fegato sia in grado di rispondere allo stimolo senza averne nocumento.
Facciamo di nuovo un esempio, questa volta di pranzo per guadagno muscolare per un uomo di 75 kg che includa un alimento fritto:
La quantità di zuccheri è volutamente elevata e sappiamo perché, la quantità di proteine è giusta. Sono circa 45 gr di proteine che rappresentano quello che l'organismo umano può gestire in una sola somministrazione. Fra pranzo e cena possiamo essere su 1,2-1,5 gr di proteine/kg di peso, che possono salire aggiungendo gli spuntini. Non è difficile raggiungere e anche superare i 2 gr di proteina/kg. Il parmigiano sul riso o il potassio delle patate hanno la funzione di agire da leggeri inibitori dell'attività tiroidea. L'insalata offre l'acqua di vegetazione e la macedonia di frutta fornisce zuccheri e sali minerali utili nei lavori di ipertrofia muscolare.
La speranza è che questi pochi esempi siano stati sufficienti a dare a grandi linee un'idea di cosa è la Bioterapia Nutrizionale e di come si può usare. Certo non c'è nessuna pretesa di completezza in questa relazione per l'inevitabile sinteticità dell'esposizione. Per dare però un profilo più compiuto all'argomento e anche per concludere vanno dette ancora due cose. La prima è che può sembrare complicato gestire una dieta con questa accuratezza nella scelta di un alimento piuttosto che un altro; in realtà no perché si tratta di alimenti comuni che si trovano facilmente e che sono preparati in modo piuttosto semplice. Inoltre si possono gestire anche atleti ospitati in strutture dotate di mensa o che sono in trasferta per competizioni che si svolgono all'estero, come quasi quotidianamente ci accade di fare. Certamente le scelte possibili saranno condizionate dagli alimenti messi a disposizione ma con un po' di esperienza il nutrizionista riesce, o dovrebbe riuscire, a utilizzare gli alimenti proposti modificando le associazioni in modo da ottenere sostanzialmente risultati analoghi.
Di seguito l’esempio di tre giorni del menù di una delle mense del CONI cui afferiscono atleti di numerose discipline e che giornalmente viene utilizzato anche in Bioterapia Nutrizionale:
Lunedi:
Martedì:
Mercoledì:
La seconda parte della conclusione riguarda il monitoraggio delle risposte dell’organismo alla dieta proposta. Oltre il costante scambio di informazioni fra il medico e l’atleta e il ricorso alla consueta diagnostica strumentale, si utilizza uno stick urinario che fornisce importanti notizie sulla funzionalità epatica e renale, sulla glicemia e così via cosicché, confrontando queste con la dieta dell’atleta si può fare una scelta ancora più mirata degli alimenti da proporre.